La morte in faccia

Nel 2000 parte la campagna mondiale di comunicazione Benetton sulla pena capitale

Ponzano, 7 gennaio 2000 - All'alba del nuovo millennio Benetton mostra il volto reale dei condannati a morte: il presente di chi non ha futuro. Giovani e meno giovani, neri e bianchi, spavaldi o angosciati, grassi e magri, pentiti e non, sorridenti o tristi, sani e invalidi, tutti colpevoli per la giustizia degli uomini. Molti hanno le braccia conserte, qualcuno porta gli occhiali, uno legge la Bibbia. Quasi tutti guardano in macchina, guardano chi li sta guardando per affermare, nonostante tutto, i loro diritti di esseri umani. Questi ritratti di decine di condannati alla pena capitale, fotografati da Oliviero Toscani nell'arco di più di due anni nei bracci della morte di alcune carceri americane, costituiscono il drammatico percorso visivo della campagna mondiale di comunicazione Benetton primavera-estate 2000.

Si tratta di una campagna sulla pena di morte che, al di là di ogni considerazione sociale, politica, giudiziaria o morale, si propone di mostrare al pubblico la realtà della condanna capitale, affinché nessuno, in qualunque parte del mondo, possa considerarla un problema lontano, una notizia che ogni tanto si ascolta distrattamente in tv. Le immagini di Toscani intendono restituire ai condannati a morte un volto umano, per ricordare anche alle "persone per bene (che) sono sempre così sicure di aver ragione..." (1) che il dibattito e la discussione riguardano uomini e donne in carne e ossa, non personaggi virtuali da sopprimere o salvare con un semplice clic come nei videogiochi.

La campagna apparirà in affissione e sulle pagine delle più importanti testate giornalistiche in Europa, America e Asia, a partire dal gennaio 2000. Le immagini, inoltre, verranno distribuite via internet sul sito www.benetton.com e, negli Stati Uniti, verranno raccolte in un catalogo allegato alla rivista Talk di Tina Brown in uscita l’11 gennaio. Il volume affianca alle foto di Toscani una serie di interviste di Ken Shulman, giornalista free-lance di Newsweek, al quale i condannati a morte, hanno raccontato desideri e paure, speranze e incubi, primo tra tutti quello di un futuro fatto di attesa: della data dell'esecuzione come di una lenta fine in carcere dimenticati da tutti. Spesso con la consapevolezza, come scrive Shulman nella prefazione, "che l'aver ucciso li ha cambiati per sempre e li ha resi peggiori".

La pubblicazione presenta anche un intervento di Speedy Rice della National Association of Criminal Defense Lawyers (Associazione Nazionale Avvocati Penalisti), che ha collaborato alla realizzazione della campagna attraverso un lungo lavoro di contatti e mediazioni con le amministrazioni carcerarie e gli avvocati dei condannati, dove si ricorda l'impennata registrata nel 1999 dal numero di esecuzioni negli Stati Uniti: circa 100 su un totale di 600 condanne eseguite dal 1976 alla fine del secolo.

Con questa nuova iniziativa Benetton ha scelto ancora una volta di guardare in faccia la realtà, affrontando una tematica sociale come nelle precedenti campagne sulla guerra, l'Aids, l'intolleranza, il razzismo che, tra contrasti accesi e riconoscimenti internazionali, hanno saputo superare il muro dell'indifferenza, contribuendo a sensibilizzare i cittadini del mondo su problemi universali e, nel contempo, proponendo strade innovative nella comunicazione d'impresa.

(1) Barbara Graham, entrando nella camera a gas dove venne giustiziata, qualcuno sostiene ingiustamente, il 3 giugno 1955. (Citato in Until You Are Dead: The Book of Executions di Frederick Drimmer; epigrafe al romanzo The Crime di Andrew Klavan)

 

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